L'invenzione del telescopio può essere fatta risalire al 1609, anno in cui Galileo Galilei (1564-1642) costruì un cannocchiale con cui iniziò a osservare la volta celeste. Si può considerare il telescopio come un occhio di dimensioni così grandi da poter consentire un ingrandimento dell'oggetto osservato e un'intensificazione della luce da esso proveniente. Queste ultime due peculiarità non esauriscono però i vantaggi apportati dall'introduzione del telescopio. Un primo passo nella messa a punto di questo strumento fu fatto da Isaac Newton (1642-1727) quando, nel 1666, scoprì che la luce si poteva scomporre nello spettro dei colori. Egli infatti fece passare un raggio di luce solare attraverso un prisma di vetro a sezione triangolare al di là del quale scoprì che oltre ad allargarsi in una banda, il raggio si divideva in più luci dai diversi colori: rosso, arancione, giallo, verde, azzurro e violetto. In altre parole la luce solare, o luce "bianca" è costituita da più radiazioni che a occhio nudo danno l'impressione di tanti differenti colori. La luce viene deviata, o rifratta, nel passare dall'aria al vetro e poi nuovamente dal vetro all'aria. Questo fenomeno spiega perché i primi telescopi, compreso quello di Galileo, presentassero un grave inconveniente, quello dell'aberrazione cromatica: gli oggetti visti attraverso di essi erano circondati da anelli colorati. Per ovviare a questo difetto, Newton ideò e costruì nel 1668 un telescopio riflettore o catottrico, nel quale veniva usato, per ingrandire l'immagine, uno specchio parabolico al posto di una lente. Gli specchi venivano però fatti in metallo, un tipo di materiale che presenta grandissime difficoltà nella lavorazione ottica, oltre ad avere un fattore di riflessione piuttosto basso. Si ebbero, nonostante questo, specchi di riflessione di diametro notevole, come quello di Friedrich W. Herschel (1738-1822), di 122 cm, e quello di 72 pollici (circa 182 cm) realizzato nel1845 dall'astronomo britannico William Parsons (1800-1867). Nel 1757 l'ottico inglese John Dollond (1706-1761) realizzò delle lenti con due tipi diversi di vetro in modo tale che queste compensassero l'una con l'altra gli spettri che si sarebbero potuti formare. Queste lenti, più tardi conosciute come lenti acromatiche, servirono appunto per i cosiddetti telescopi rifrattori o diottrici. Il più grande di questi (con una lente dal diametro di circa 1 m) fu costruito nel 1897. Comunque lenti più grandi di così assorbono tanta luce da annullare l'effetto di ingrandimento, per questo motivo i telescopi giganti sono preferibilmente del tipo a riflessione piuttosto che a rifrazione. I moderni telescopi sono concepiti come grandi macchine fotografiche nelle quali si sostituisce all'oculare la lastra fotografica.
Il telescopio è uno strumento ottico, riflettore o rifrattore, usato in astronomia per l'osservazione dei corpi celesti. In realtà il telescopio è più propriamente un sistema riflettore, mentre il cannocchiale è un sistema rifrattore. L'apertura, cioè il diametro dello specchio, la distanza focale, ovverosia la distanza tra lo specchio e il punto in cui viene riflesso o rifratto il fascio di raggi (il fuoco), e il rapporto di apertura, cioè quello tra le precedenti due grandezze, sono le caratteristiche fondamentali di un telescopio. L'ingrandimento, in altre parole l'aumento apparente delle dimensioni dell'oggetto osservato, dipende essenzialmente dalla distanza focale, mentre la luminosità è proporzionale all'energia che viene raccolta dalla superficie dello specchio. I telescopi più grandi sono in funzione sul monte Palomar, dal 1950, e a Zelenciukskaja, nel Caucaso, dal 1975. Il primo possiede uno specchio con un diametro che supera di poco i 5 m, mentre il secondo ha un diametro di 6 m. Ma queste dimensioni in realtà comportano notevoli complicazioni in fase di costruzione. Per questo motivo oggi si preferiscono gli specchi più piccoli, per esempio dal diametro di circa 4 m, e punti di installazione a grandi altitudini, dove è possibile lavorare in condizioni di eccellente trasparenza atmosferica. Da qualche anno a questa parte, la realizzazione di telescopi a specchi multipli ha permesso di ovviare agli inconvenienti di un unico grande specchio, nonché del suo peso, e di dotare lo strumento di movimenti automatici che lo mantengano puntato sull'astro o sul campo celeste in osservazione per tutto il tempo della posa. I progressi più recenti dell'astronomia sono comunque legati al telescopio spaziale. Il 24 aprile 1990, con lo Space Shuttle, è stato lanciato in orbita il più grande e sofisticato di questi strumenti. Si tratta di un telescopio a riflessione il cui nome, Hubble Space Telescope, deriva da quello dell'astrofisico statunitense Edwin P. Hubble (1889-1953). Questo telescopio è capace di compiere osservazioni astronomiche, come l'individuazione di oggetti molto deboli o le misure accurate di posizioni stellari, da un'orbita (percorsa più volte nell'arco delle 24 ore) di 500 km d'altezza grazie a uno specchio primario (composto da una miscela di quarzo e ossido di titanio) dal diametro di 2,4 m. L'Hubble Space Telescope è lungo 13 m, pesa 11 t, possiede due pannelli solari e ha un potere risolutivo dieci volte maggiore del più grande telescopio terrestre, pur avendo un diametro che è meno della metà di questo, e può veder stelle sette volte più lontane di quelle osservabili dalla Terra. Tutto ciò consente una dilatazione dei confini dell'universo esplorabile in un volume di ben mille volte maggiore. Nel dicembre 1993, un'équipe di astronauti a bordo della navetta spaziale Endeavour, ha recuperato l'Hubble per sistemarvi tutta una serie di strumenti correttivi. Da allora questo sofisticato e costoso apparato non fa altro che fornire preziosi dati e immagini inedite. La vita operativa prevista è di 15 anni dal momento del lancio, comprese le manutenzioni effettuate grazie agli Shuttle, il cui prossimo volo a partire dal momento in cui scriviamo è programmato per il 1997.